Stage universitario in Beliven: dove crescere e imparare, senza paura di cambiare rotta

Passare dalla teoria studiata tra i banchi universitari alla pratica non è sempre semplice quanto dovrebbe. Quando poi è la prima volta che si mette piede in una software factory, la curiosità si mescola facilmente al timore: “Sarò all’altezza? Riuscirò a tenere il passo dei colleghi? Sarò in grado di gestire le attività?”
Le domande e i dubbi per chi inizia un’esperienza di stage universitario sembrano non finire mai, ma la verità è che trovare il giusto ambiente può fare tutta la differenza. Insomma, e se il tirocinio potesse trasformarsi in qualcosa di più di un semplice obbligo burocratico per diventare un’occasione concreta per crescere, imparare, mettersi alla prova e — perché no — cambiare rotta seguendo le inclinazioni che si scoprono durante il percorso?
Questo è proprio quel che è successo a Teonas Borsetto, studente del corso di laurea in Informatica all’Università di Udine, che ha scelto Beliven per il suo stage universitario. A guidarlo nel percorso, Edona Gashi, SQA Specialist, per la prima volta nel ruolo di tutor.
Tirocinante e tutor: due esordi, stessa attitudine a voler dare il meglio
Per Teonas, quello in Beliven è stato il primo vero contatto con una realtà che vive e respira tech. Non avendo mai svolto un tirocinio né lavorato in un’azienda di sviluppo software, tutto era nuovo: dai ritmi agli strumenti, dai linguaggi fino alle dinamiche. La paura di sbagliare? Naturalmente, altissima.
Ma ogni medaglia ha due facce, e anche per Edona l’esperienza aveva il sapore della prima volta. Punto fermo dell’azienda in qualità di SQA Specialist (l’avevamo intervistata sul tema qui), non si era mai trovata nel ruolo di tutor, con la responsabilità di accompagnare qualcuno passo dopo passo. Al di là del grande senso di responsabilità però, c’era la voglia di mettere a disposizione tutte le proprie competenze e idee per rendere l’esperienza il più proficua possibile.
È così che ha preso forma un percorso condiviso, fatto di ascolto, obiettivi dichiarati e tanta voglia di costruire qualcosa di utile, concreto, su misura. E, soprattutto, di farlo insieme, senza imposizioni dall’alto. “Mi ero posta come priorità quella di capire cosa si aspettasse Teonas da questo tirocinio”, racconta Edona. “E da lì cercare, per quanto possibile, di costruire un percorso che lo rispecchiasse”.
Nessun piano rigido, insomma, ma piuttosto una traccia condivisa da rivedere giorno per giorno, con la giusta flessibilità per adattarsi lungo la strada.
L’importanza di riprogrammare la rotta (senza perdere la bussola)
A un certo punto del percorso, qualcosa è cambiato. Le attività inizialmente previste hanno lasciato spazio a nuove direzioni, più affini agli interessi che Teonas stava maturando con il passare delle settimane. Nessuna rivoluzione, ma un riadattamento naturale, nato dall’ascolto reciproco e da una pratica che ha fatto davvero la differenza: un momento di confronto fisso ogni venerdì, pensato per scambiarsi feedback.
“Avevamo pianificato una riunione settimanale dedicata proprio a questo”, racconta Edona. “Un tempo pensato per me, per condividere le mie impressioni e dare suggerimenti, ma anche per Teonas, per garantirgli il modo di potersi lasciar andare a valutazioni più complete, anche su ciò che stava funzionando e su ciò che poteva essere migliorato. È stato fondamentale per aggiustare il percorso mentre lo stavamo costruendo”.
Non a caso, sono stati proprio questi incontri fissi a permettere a Teonas di esprimere il desiderio di rivedere alcune tappe del percorso che era stato disegnato il primo giorno in ufficio. “Immaginavo che Edona si fosse già preparata un piano delle attività su cui coinvolgermi”, racconta Teonas. “E non era facile per me pensare di dire: forse mi piacerebbe cambiare qualcosa, vedere delle cose leggermente diverse, perché temevo di scombussolare i piani. In realtà, però, la cosa non ha creato nessuna difficoltà, anzi”. “Perché il trucco”, racconta Edona, “non è definire un programma e marciare senza sosta fino alla fine, ma essere sempre consapevoli che la meta può cambiare. Basta soltanto riprogrammare le tappe del viaggio!”
E in effetti, proprio durante quelle riunioni dedicate ai feedback reciproci che ha preso vita uno degli aspetti più significativi dell’esperienza, per entrambi: la possibilità di ricalibrare obiettivi e attività con naturalezza, senza forzature, mantenendo sempre una direzione condivisa.

“E se non fossi all’altezza?”
Nonostante l’ambiente accogliente, le prime settimane per Teonas non sono state prive di dubbi. La paura di non essere all’altezza era lì, ben presente, e riguardava più che altro la distanza — spesso percepita come abissale — tra ciò che si impara sui libri e quello che succede nella vita reale.
“Lavorativamente parlando avevo un po’ paura, dato che non avevo mai fatto esperienza in un contesto reale», racconta Teonas, senza riuscire però a concludere con il sorriso. «Avevo il timore di non riuscire a stare dietro al ritmo e al talento dei colleghi. Invece ho scoperto che, tutto sommato, non sono poi così male!»
La soddisfazione di Teonas è reale e, d’altronde, del tutto meritata: il background c’era, e le competenze acquisite nel suo percorso di studi si sono rivelate utili per affrontare anche compiti complessi. E quando le cose si facevano più difficili del previsto, ci pensavano i colleghi: “Ogni volta che avevo bisogno di supporto c’era sempre qualcuno disponibile”, aggiunge. “Sono stati tutti molto presenti, pronti ad aiutarmi quando ne avevo bisogno, sia per le attività che ancora non conoscevo bene, sia semplicemente per farmi sentire parte del gruppo”.
E che le competenze tecniche e la voglia di continuare ad imparare fossero reali lo conferma anche Edona: “Nel giro di pochissimo tempo siamo riusciti ad arrivare a una demo con il cliente, completa, ben documentata, con tanto di report e test automatizzati. È stato tutto fatto da Teonas, ed è stato davvero un ottimo risultato, per niente scontato in un tempo così breve. Da tutor devo dire che è stato davvero un orgoglio vederlo crescere così tanto, in così poco tempo”.
Dal primo giorno al primo progetto
Il percorso che ha portato a quel risultato è stato costruito settimana dopo settimana, partendo da attività semplici ma strategiche. “Abbiamo cominciato con la mappatura di alcuni prodotti digitali”, racconta Edona. “Un’attività che può sembrare banale, ma che in realtà richiede capacità di analisi e di priorità: non si tratta solo di elencare funzionalità, ma di capire cosa serve davvero, anche in base agli obiettivi di business”.
Da lì, il passo successivo è stato affrontare il testing manuale, approfondendo gli strumenti, i test case, le tecniche per individuare criticità e rendere il lavoro più efficiente. Fino ad arrivare alla parte più tecnica del lavoro: i test automatizzati. “Era una parte che non avevo mai visto, e per me è stata molto importante”, racconta Teonas. “Soprattutto la parte di raccolta requisiti e test manuali: bella impegnativa, ma anche molto stimolante”.
Un percorso che, nel giro di poco più di un mese, ha portato a una demo completa e ben documentata. “Se avessimo avuto più tempo, sono certa che avremmo potuto fare ancora di più”, aggiunge Edona. “Ma la cosa più bella è stata vedere una crescita vera, continua, che ogni giorno lasciava qualcosa”.

Tirocinio in Beliven: i momenti che restano
Ogni esperienza lascia dei momenti che vale la pena ricordare. Per Teonas, quelli che restano più impressi, oltre ai successi lavorativi, sono legati al clima quotidiano che si respira in Beliven. “I momenti informali a fine giornata sono stati forse i più belli”, racconta. “Quando si stacca un attimo, si chiacchiera, si scherza un po’. Aiutano anche a risollevare il morale, soprattutto in quelle giornate in cui tutti sono presi da call e ci si sente un po’ più soli!».
Ma anche per la tutor Edona, di punti forti dell’esperienza ce ne sono moltissimi, in particolare legati al modo in cui si è sviluppata la relazione. “La cosa che mi ha colpita di più è stata la naturalezza con cui siamo riusciti a lavorare insieme. Nessun intoppo, nessuna difficoltà nella comunicazione. È stato tutto molto fluido, tanto dal punto di vista tecnico quanto da quello relazionale. Alla fine, posso dire che Teonas non è stato solo un tirocinante a cui ho cercato di insegnare e lasciare qualcosa di bello, ma anche una spalla e un aiuto concreto nella gestione dei miei progetti quotidiani».
Non un semplice tirocinio: un’esperienza che lascia il segno
Alla fine, ciò che conta davvero è il segno che un’esperienza lascia. Per Edona, è stato vedere il percorso prendere forma in modo naturale, con una collaborazione autentica e una relazione professionale solida. Ma è anche una conferma: il ruolo di tutor può essere una vera occasione di crescita, non solo per chi viene seguito, ma anche per chi accompagna.
Per Teonas, invece, l’esperienza in Beliven è stata l’occasione per mettersi alla prova, superare le incertezze iniziali e scoprire il valore di un ambiente in cui ci si sente parte del gruppo.
«Se dovessi dare un consiglio a chi sta cercando un’azienda in cui fare tirocinio? Sicuramente consiglierei di scegliere Beliven», dice. «Non solo è un contesto creativo in cui si può mettere in pratica quel che si è studiato e imparare cose nuove, ma è anche una realtà piena di persone disponibili e sempre pronte tanto a scambiarsi una battuta divertente quanto a darsi una mano. Io ci sono arrivato un po’ per fortuna, perché conoscevo personalmente Alessandro, Head of Design di Beliven, che me ne aveva già parlato molto bene. Mi aveva anche raccontato di altri studenti prima di me che avevano fatto esperienze simili e positive in azienda (leggi qui la storia di Oliver e Francesco). Ma la verità è che sono uscito da qui con nuove relazioni umane di cui sono davvero molto grato».
Senti che è arrivato il momento di fare anche tu un tirocinio che lascia il segno? Scopri di più sul mondo Beliven e sulle posizioni aperte]