La metodologia Design Thinking: risolvere i problemi con la creatività
Pensiero analitico e innovazione, apprendimento attivo e strategie di apprendimento, capacità di risolvere problemi complessi, pensiero critico e capacità di analisi, creatività, originalità e spirito d’iniziativa. Queste, secondo il World Economic Forum, le competenze più richieste dalle aziende entro il 2025. Considerato questo scenario, diventa facile comprendere la sempre maggior diffusione della metodologia del Design Thinking, un approccio che, a partire dall’analisi delle esigenze delle persone e dalla ricerca di soluzioni creative per soddisfarle, allinea esigenze commerciali, di business e tecniche. Quelle frutto del Design Thinking sono, insomma, soluzioni innovative che se da un lato soddisfano le esigenze degli utenti, dall’altra permettono alle aziende di ottenere risultati in scala e con rapidità.
Ma che cos’è il Design Thinking? Scopriamo che cosa significa e perché le aziende che vogliono innovare non possono più farne a meno.
Cos’è il Design Thinking
Il Design Thinking è una metodologia che permette di integrare capacità analitiche con attitudini creative; un vero e proprio approccio all’innovazione incentrato sulle persone che si basa sulla capacità di risolvere problemi complessi attraverso una gestione e una visione creative.
Secondo l’Osservatorio Design Thinking del Politecnico di Milano, massimo riferimento sul tema in Italia, si tratta di un approccio che permette di risolvere problemi pratici e potenzialmente complessi in modo creativo.
Nato negli anni 2000 all’Università di Standford, in California, il Design Thinking era in origine un modello di pianificazione legato alla progettazione, allo sviluppo e alla verifica di idee creative adottato da agenzie e studi di design. Da qualche anno, la sua diffusione però l’ha reso un approccio agile noto in molti settori: da quello digitale al marketing, dalla consulenza direzionale allo sviluppo software.
Ad oggi, insomma, il Design Thinking si applica a qualsiasi tipologia di organizzazione interessata alla progettazione di un prodotto o di un servizio o, semplicemente, alle prese con decisioni strategiche. La metodologia può essere adottata per affrontare qualsiasi tipo di problema e implica quale primo step l’analisi delle persone (consumatori e clienti), dei loro comportamenti e dei loro bisogni.
Il Design Thinking è una metodologia agile e user-centric considerata estremamente democratica poiché coinvolgendo appieno tutte le risorse aziendali le rende parte integrante di un processo di problem solving creativo.
Design Thinking: a cosa serve?
Compreso che cosa significa Design Thinking, passiamo ora a rispondere ad una seconda domanda, ovvero: come può questa metodologia aiutare le imprese a competere e differenziarsi?
Uno dei grandi meriti del Design Thinking è quello di favorire il coinvolgimento delle persone e la diffusione in azienda di una nuova mentalità che celebra la risoluzione creativa dei problemi e favorisce quindi il cambiamento e l’innovazione.
Il Design Thinking aumenta significativamente la capacità delle organizzazioni di prendere decisioni strategiche efficaci e redditizie riducendo la quota di rischio. Ciò è in effetti il risultato della celebrazione del pensiero creativo tipico di questo approccio, che permette alle persone coinvolte in azienda di guardare ai problemi con occhi nuovi e con atteggiamento positivo e proattivo.
Non è un caso quindi che la metodologia sia particolarmente preziosa per quelle realtà alle prese con problemi organizzativi interni, per le startup in fase di progettazione e lancio e per gli sviluppatori di soluzioni software, che possono adottare questo modello per affrontare al meglio le sfide della trasformazione digitale.
Il Design Thinking, insomma, permette alle aziende di identificare per ogni problema una soluzione innovativa capace di soddisfare i criteri di:
- Gradimento: rispondendo ai reali bisogni del mercato e dei clienti;
- Fattibilità: osservando e analizzando i comportamenti di acquisto e di consumo;
- Redditività e sostenibilità economica: puntando sulla miglior soluzione in termini di sostenibilità e profittabilità.
Le 4 forme della metodologia
Di Design Thinking, a dire il vero, non ne esiste una tipologia soltanto. Il paradigma può in effetti assumere diverse forme in relazione alle circostanze e agli obiettivi, oltre che dalla natura stessa delle organizzazioni che lo adottano.
Secondo il già citato Osservatorio Design Thinking, è possibile individuarne 4 forme principali:
- Creative problem solving: questo approccio – il più diffuso tra gli studi di design (94%), società di sviluppo tecnologico (82%), consulenti strategici (69%) e agenzie digitali (67%) – si basa sulla comprensione dei bisogni dell’utente e prevede l’ideazione del maggior numero possibile di soluzioni con cui rispondere alle esigenze. Questa tipologia di Design Thinking permette alle persone coinvolte di immaginare innumerevoli soluzioni da scartare poi via via fino all’individuazione della soluzione dominante da mettere in pratica.
- Sprint execution: l’obiettivo primario di questo approccio consiste nella realizzazione rapida di un prodotto da lanciare sul mercato. Il contributo degli utenti (User Contribution) assume in questo caso un ruolo fondamentale, diventando parte integrante del processo. Grazie ai test a cui il prodotto viene sottoposto dai consumatori finali stessi, è possibile proseguire con il miglioramento e con il perfezionamento del prodotto. Questa metodologia è particolarmente apprezzata dalle startup, interessate alla possibilità di lanciare e testare in tempi rapidi i propri prodotti. Tipico delle digital agency (100%), l’approccio Sprint execution è molto diffuso anche tra i consulenti strategici (46%) e gli sviluppatori tecnologici (45%).
- Creative confidence: più che allo sviluppo di soluzioni, questo approccio punta al coinvolgimento delle persone e alla diffusione di una vera e propria mentalità imprenditoriale che incentivi tra i dipendenti il senso e la volontà di innovare. Empatia, tolleranza, ascolto, capacità di gestire l’incertezza sono tutte attitudini promosse da questo approccio di Design Thinking particolarmente diffuso tra consulenti strategici (54%), studi di design (35%) e sviluppatori tecnologici (27%).
- Innovation of meaning: anche in questo caso, l’approccio punta principalmente alla celebrazione di una visione aziendale e dei valori legati ai servizi e prodotti che l’organizzazione offre piuttosto che alla ricerca di una soluzione vera e propria. L’obiettivo, in questo caso, è infatti quello di apportare valore all’organizzazione oltre che all’utente finale. Non ancora molto diffuso, questo approccio è però già adottato da consulenti strategici (46%), studi di design (41%), agenzie digitali (33%) e sviluppatori tecnologici (9%).
Le 5 fasi del Design Thinking: il framework
Considerando le linee guida definite dall’Istituto di design dell’Università di Stanford, il processo di Design Thinking prevede 5 fasi:
- Emphatise: empatizzare con l’utente finale, per conoscerne comportamenti, desideri, obiettivi e bisogni, è il punto di partenza del Design Thinking. Tipica di questa prima fase è quindi la raccolta di informazioni reali sugli utenti e la loro analisi. Il risultato è quindi la definizione delle cosiddette “personas”;
- Define: questa seconda fase comprende la definizione puntuale del problema dell’utente. Grazie alle informazioni raccolte, sarà ora possibile infatti immedesimarsi nell’utente per identificare le problematiche e le esperienze tipiche e circoscrivere e analizzare il problema;
- Ideate: raccolte le informazioni e individuati i problemi da risolvere, non resta ora che progettare le soluzioni sfruttando al massimo la creatività. Brainstorming e mindmapping sono tecniche molto efficaci da sfruttare per permettere al team, nel corso di una o più riunioni, di trovare idee creative per rispondere al problema. Le idee proposte saranno infine analizzate per poter individuare, tra queste, la soluzione migliore.
- Prototype: la quarta fase del processo di Design Thinking prevede la trasformazione delle idee in prototipi tangibili, ovvero in versioni “semplificate” del prodotto che possano mettere in luce eventuali problemi e difetti. Il prototipo permette infatti di mettere alla prova le idee emerse nella fase precedente per cogliere eventuali difetti da migliorare.
- Test: in questa fase, il prodotto viene testato per scoprire se risponde davvero appieno alle esigenze degli utenti. A seconda dei feedback ricevuti, sarà possibile considerare concluso il processo o, al contrario, ricominciare dall’analisi del problema originale per elaborare nuove idee e soluzioni più efficaci.