Un’impresa, per mantenersi competitiva al giorno d’oggi, non può che scommettere sull’innovazione. Ma che cosa significa “innovazione”? Se per tutto il ‘900 l’innovazione è stata un processo verticale interno alle singole imprese, dal settore Ricerca e Sviluppo fino al prodotto finale, la discontinuità del panorama attuale ha reso questo modello sorpassato. Big Data, Internet of Things, globalizzazione, mobilità del mercato, l’aumento dei costi di sviluppo dei prodotti e l’accorciarsi del loro ciclo di vita hanno costretto le imprese a rivedere il proprio concetto di innovazione. Il nuovo trend è quello dell’Open Innovation o Innovazione Aperta, un modello di business che distribuisce costi e rischi e che intende l’innovazione come una contaminazione di idee, il risultato di relazioni orizzontali e di un network di imprese.
Open innovation: una definizione
Trovare una definizione precisa di Open Innovation non è affatto semplice. Letteralmente, l’espressione indica l’”innovazione aperta” e viene utilizzata per riferirsi ad un modello di innovazione che si basa sulla fusione di risorse, mezzi e competenze interne con risorse, mezzi e competenze esterne già esistenti sul mercato. Un modello che sfuma i confini fisici dell’azienda per renderli una superficie permeabile da cui la conoscenza, fondamentale per favorire il progresso tecnologico, entra ed esce liberamente.
La conoscenza, insomma, diventa un flusso bidirezionale capace di arricchire e mettere in comune. “Interno all’azienda” e “esterno all’azienda” sono concetti che perdono di significato perché idee e tecnologie possono essere recuperate dal mercato in una forma già esistente o introdotte nel mercato per rispondere alle esigenze di imprese interessate a valorizzare proprio quell’idea o quella tecnologia per adottarla nel proprio business.
L’innovazione aperta è quindi un modello che favorisce la generazione di nuove idee permettendo alle imprese di ricorrere non solo alle fonti interne ma anche a quelle esterne. L’idea di fondo è che nessuna realtà può possedere in toto tutte le conoscenze, le competenze, i capitali e gli strumenti per realizzare innovazioni di successo.
Innovazione aperta vs Innovazione chiusa
Il concetto di Innovazione aperta non esisterebbe, ovviamente, se non in opposizione a quello di Innovazione chiusa. La Closed Innovation corrisponde al tradizionale metodo di integrazione verticale, caratterizzato da brevetti e segreti industriali, che vedeva l’innovazione nascere, svilupparsi e commercializzarsi grazie agli sforzi interni di un’unica impresa. Ad oggi, i rischi, i costi e i tempi sono troppo elevati per poter sostenere questo modello. Si pensi semplicemente ai tempi necessari per permettere ad un’innovazione di essere lanciata ufficialmente sul mercato, troppo lunghi per poter soddisfare un pubblico sempre alla ricerca dell’ultima novità.
La teoria di Chesbrough in “The era of Open Innovation”
Era il 2003 quando l’economista statunitense Henry W. Chesbrough ha pubblicato il suo saggio “The era of Open Innovation” nel MIT Sloan Management Review coniando ufficialmente l’espressione Open Innovation.
Il saggio, nel suo complesso, si concentra a definire il modello di Innovazione chiuso per proporre un’alternativa aperta che Chesbrough stesso descrive come “un paradigma che afferma che le imprese possono e debbono fare ricorso ad idee esterne, così come a quelle interne, ed accedere con percorsi interni ed esterni ai mercati se vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche”.
A seconda del modello di business delle imprese, l’Open Innovation può, secondo Chesbrough, utilizzare o meno meccanismi monetari. Ciò che conta, in ogni caso, è che l’innovazione abbia sempre modo di fluire liberamente, dall’interno all’esterno dell’impresa e viceversa.
Open innovation outside-in e inside-out
Proprio considerato questo flusso bidirezionale, l’Innovazione aperta si distingue in Open Innovation Outside-in, ad indicare l’introduzione in azienda di contributi e input provenienti dall’esterno, e Open Innovation Inside-out, ad indicare l’esportazione sul mercato di innovazioni prodotte internamente.
Scopriamo quali sono gli strumenti che rendono possibili questi due approcci.
Modello Outside-in
Anche detto Inbound Open Innovation, l’approccio Outside-in vede le imprese supportare l’innovazione interna accogliendo gli input provenienti dall’esterno, ad esempio avviando attività associate a:
- Collaborazioni con Università e Centri di ricerca;
- Partner scouting, per individuare partner con cui iniziare collaborazioni;
- Corporate venture capital, investendo in PMI e startup innovative in cambio di quote di capitale di rischio;
- Call4idea e Hackathon, avviando cioè iniziative, concorsi e competizioni che coinvolgono in poche ore o in lunghi progetti persone esterne all’azienda per individuare soluzioni innovative a problemi reali o sviluppare nuove idee che l’impresa può poi decidere di supportare nello sviluppo;
- Creazione di incubatori e acceleratori di impresa, strumenti che pur richiedono maggiori sforzi da parte dell’azienda generano un maggior impatto in termini di risultato.
Modello Inside-out
Anche detto Outbound Open Innovation, l’approccio Inside-out permette alle imprese di trasformare le proprie innovazioni interne in opportunità di business. Le conoscenze, non utilizzate o sottoutilizzate, vengono perciò commercializzate e messe a disposizione di realtà esterne interessate ad accoglierle nel loro modello di business.
Gli strumenti più utilizzati sono:
- Joint Venture, stringendo accordi commerciali volti alla collaborazione nell’ambito di uno specifico progetto o nel perseguimento di uno specifico obiettivo distribuendo equamente rischi, risorse e profitti;
- Licensing, cedendo ad altri i propri prodotti o le proprie tecnologie affinché possano essere utilizzate per trarne innovazione e benefici economici, come nella produzione su licenza;
- Creazione di spin-off aziendali, uno scorporamento dell’impresa;
- Vendita di brevetti.
I vantaggi dell’Open Innovation
Considerato, come abbiamo visto, che l’innovazione è ormai una necessità fondamentale per rimanere competitivi sul mercato, elenchiamo alcuni dei vantaggi che derivano dall’Open Innovation:
- Costi e rischi condivisi: mettendo in comune conoscenze, know how e strumenti e dividendo così le eventuali perdite;
- Costi di Ricerca e Sviluppo ridotti: adottando soluzioni già sviluppate e presenti sul mercato;
- Dall’idea al mercato in tempi ridotti: abbreviando i tempi di sviluppo e commercializzazione dell’idea.
- Maggior capacità di adattarsi al contesto e più opportunità di business: rimanendo competitivi sul mercato, scoprendo nuove competenze e possibilità e interagendo al meglio con l’ecosistema degli innovatori.
Open Innovation Italia
Ma quali sono i trend dell’Open Innovation in Italia o, meglio, quanto è diffuso il modello di Innovazione aperta nel nostro Paese?
Pare che anche le imprese italiane abbiano iniziato sempre più ad adottare un approccio di innovazione aperta avviando collaborazioni con enti esterni come Università, Startup e Centri di ricerca assieme ad attori più tradizionali come Vendor ICT e Società di Consulenza. Le motivazioni all’origine dell’adozione di questo nuovo approccio sono le stesse: sviluppare nuove opportunità di business, ridurre i costi legati all’innovazione e condividerne i vantaggi.
Sono prevalentemente le grandi imprese (con oltre 1000 dipendenti) ad aver adottato approcci di Open Innovation (78%) mentre l’Innovazione aperta fa fatica ad emergere nelle realtà medo-piccole, più frenate dalle difficoltà organizzative e dalla mancanza di un approccio sistematico.
Un’altra spiegazione potrebbe tuttavia essere la seguente: che siano prevalentemente le grandi aziende, più consolidate e quindi spesso più rigide, ad aver bisogno di maggior innovazione per rimanere competitive sul mercato?
L’Open Innovation e le startup
Pare che per molte realtà, la collaborazione con le startup rappresenti la vera chiave per l’Open Innovation. In effetti, il mondo (fresco e incredibilmente dinamico) delle startup rappresenta una risorsa molto preziosa, in particolare quando si parla di supportare il progresso tecnologico e, quindi, l’innovazione digitale.
Per avere una panoramica della relazione tra Open Innovation e startup, la ricerca del 2020 degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence si rivela particolarmente illuminante. Sulla base di un campione di 171 grandi imprese italiane, è emerso che 45% di loro hanno già avviato collaborazioni con startup e il 23% sta considerando di farlo nel prossimo futuro.
Diversa, invece, la situazione delle 500 PMI intervistate. Tra loro, infatti, soltanto il 15% ha già avviato collaborazioni con startup, il 56% dichiara di non essere interessato all’opportunità (o, nel complesso, non sapere come sfruttarla) mentre il 12% afferma invece di aver avuto esperienze negative e di non essere quindi più interessato ad avviare collaborazioni.
Le tipologie di relazione startup-imprese
Considerando ancora la ricerca, emergono 8 tipologie ricorrenti di relazione startup-impresa:
- Partnership R&D per la co-creazione di prodotti e/o servizi
- Fornitura spot
- Fornitura a lungo termine
- Partnership commerciale
- Programmi di incubazione e accelerazione interni all’impresa (o di un esterno con cui essa collabora)
- Partnership per la co-creazione e innovazione del business model complessivo
- Partecipazione all’equity della startup
- Acquisizione della startup
Viva la collaborazione con le startup: ecco perché
Una collaborazione tra impresa e startup in ottica di Open Innovation rappresenta una grande occasione per entrambe le realtà in termini di risorse, competenze e opportunità.
In effetti, per la startup, collaborare con un’impresa significa poter accedere ad una maggior disponibilità di capitale e tecnologie e riuscire ad entrare con maggior agilità nel mercato. Sorpattutto quando in piedi c’è una strategia commerciale condivisa, la startup può acquisire referenze e connessioni importanti facendosi forza della reputazione dell’impresa che affianca.
Per l’impresa, collaborare con una startup secondo un approccio di Innovazione aperta implica poter diversificare il proprio business e sfruttare appieno l’agilità della startup per poter portare a termine le attività di testing dei prodotti in tempi brevi ed accorciare perciò il percorso da sviluppo del prodotto a immissione sul mercato. Entrare a contatto con una realtà agile, com’è tipicamente quella delle startup, può rappresentare un’ottima occasione per scoprire nuovi modelli organizzativi, nuove figure professionali e nuove competenze.